Solidarietà a metano in Ucraina: il 2015 tra guerra e speranza
02/01/2015 - guido.guerrini
Per la seconda volta consecutiva passiamo la notte di capodanno in Ucraina. Alle 23.55 a reti unificate irrompe il Presidente della Repubblica Petro Poroshenko per ricordare a tutti il difficile periodo per questo Paese. Chiede un minuto di silenzio, poi 10 rintocchi di campana e l’anno nuovo comincia. Le poche persone presenti nella Pizzeria Castello di Novovolynsk brindano al futuro nella speranza che la guerra non continui, la crisi economica finisca e la svalutazione della moneta nazionale si fermi. Purtroppo sarebbe già un miracolo che uno solo di questi desideri si avverasse. La sfiducia verso la classe politica è massima, la cacciata del precedente Presidente, del precedente governo, dei precedenti partiti di maggioranza non ha portato quel cambiamento che tutti aspettavano. Usa ed Europa non stanno mantenendo le promesse di aiuto, la Russia si è tirata indietro. Poroshenko, oltre che essere presidente, è pure uno degli uomini più ricchi di Ucraina. Detiene il quasi monopolio del commercio del cioccolato in tutta l’ex Urss. Cerca quotidianamente di rimanere in equilibrio tra il forte rinato nazionalismo e la necessità di dialogare anche con la Russia. Di fatto scontenta tutti, ma è pur vero che chiunque al suo posto sarebbe in difficoltà. Questo è un paese diviso in due, un’anima ucraina che parla ucraino e che vorrebbe avvicinarsi all’Unione Europea e un’altra anima che si sente più vicino alla Russia, parla russo e vorrebbe che i stretti rapporti tra i due paesi rimanessero in essere. A mettere d’accordo tutti, alle 24:02 è Toto Cutugno che, sempre a reti unificate, apre il concerto di Capodanno.
In giro per le strade ci sono quasi unicamente giovani a festeggiare il capodanno e il tasso alcolico è decisamente elevato. Al risveglio, sotto l’albero di Natale, i bambini troveranno i doni che regaleranno il primo sorriso del 2015. La nostra giornata di inizio anno trascorre riposando, facendo visita agli amici e coordinando i numerosi impegni del giorno successivo, quando faremo visita a tutte le strutture sociali attive da parte delle comunità religiose locali.
Una premessa è d’obbligo, dopo anni dove lo stato sovietico incoraggiava l’ateismo, la libertà religiosa è arrivata in modo improvviso e con conseguenze curiose. Proselitismo da parte di molte nuove confessioni hanno riempito di chiese tutta l’Ucraina. Essenzialmente gli ucraini sono ortodossi, ma divisi in due patriarcati separati: quello di Kiev e quello di Mosca. Inutile specificare che chi si sente ucraino tende a frequentare le chiese fedeli a Kiev e chi si sente russo le altre. Ci sono cattolici vista la vicinanza con la Polonia e ci sono gli organizzatissimi evangelici. Abbiamo scelto di collaborare con la chiesa evangelica per due motivi; il primo per non infilarsi nel ginepraio delle due chiese ortodosse, il secondo per l’assenza a Novovolynsk di strutture cattoliche. Come abbiamo già detto i centri evangelici sono aperti anche ai credenti delle altre confessioni e i rapporti con le due chiese ortodosse sono buoni visto che i pastori di questo culto evitano di schierarsi sulla crisi ucraina.
Accompagnati da Igor e dal terzo sacerdote di nome Vladimir (davvero curioso che i tre pastori si chiamino tutti così!) passiamo la giornata a fare visita a tutte le strutture presenti in città e nelle vicinanze.
Si comincia dal centro di riabilitazione motoria: ubicato nel secondo piano dell’ospedale pubblico della città, questo centro esiste dal 2003. Lo Stato ha concesso lo spazio, ma non mette a disposizione neppure una grivnia, la moneta locale. Il centro è diurno, ci lavorano persone quasi volontarie visto che lo stipendio è di poco più di 30 euro mensili. Prelevano coloro che devono fare riabilitazioni di ogni genere alla mattina, si occupano delle visite e delle attività fisiche, mangiano assieme, riposano e naturalmente pregano. I macchinari sono spesso obsoleti, timidamente la responsabile del centro ci chiede se le possiamo trovare una cyclette di seconda mano. Ci viene naturale pensare quante ne vengono gettate via nelle discariche o inceneritori italiani.
Le comunità per alcolizzati e tossicodipendenti: fuori città e lontano dalle tentazioni ci sono sette casette in campagna destinate a questa diffusa categoria di persone. Visitiamo una izba, a circa 10 chilometri dal centro cittadino. Vivono nella struttura due operatori e 5 ospiti dalla faccia decisamente sofferente. Non c’è neppure l’energia elettrica, solo una batteria da automobile permette il minimo funzionamento delle lampadine. Una bella stufa in ghisa sostituisce il riscaldamento. Gli ospiti allevano animali, coltivano l’orto, tagliano la legna, si preparano i pasti, leggono testi sacri e naturalmente pregano. Dopo sei mesi di isolamento vengono riportati in città per vedere se il percorso rieducativo ha funzionato. I risultati negativi sono alti, i più fortunati riescono a reinserirsi, chi non riesce, se vuole, torna nella casetta in campagna.
Il centro diurno per bambini: e’ più di un dopo scuola, visto che molti bambini con difficoltà familiare si rifugiano qui per passare qualche ora serena lontano dalla famiglia. Molte situazioni vedono un genitore o entrambi fortemente alcolisti con le conseguenze che molte frustrazioni vengono scaricate sui loro piccoli. Il centro sta cercando di trasformarsi in un luogo aperto 24 ore che possa essere rifugio per questi bambini. Alcuni degli ospiti sono orfani che grazie a qualche parente più o meno prossimo non sono finiti in un orfanotrofio. Si passa le giornate studiando, imparando a cucire, cucinare, giocare e naturalmente pregare.
La casa famiglia di una giovane coppia: Sasha e Tania hanno meno di trenta anni e quattro figli. Con loro vive anche una diciottenne che si è allontanata volontariamente da casa. Stanno finendo di costruire la loro abitazione con l’aiuto della chiesa. La casa ospiterà almeno dieci bambini orfani che verranno affidati a questa struttura. L’obiettivo è quello di creare una casa famiglia dove i due giovani sposini, con l’aiuto di qualche volontario, cresceranno assieme sia i propri figli che quelli che gli verranno dati in affidamento. La casa è davvero bella e Sasha ci tiene a raccontare che tutto il lavoro di costruzione è passato attraverso le sue mani. Ormai due piani su tre sono completati e con l’aiuto di varie donazioni anche l’arredo delle camerette è pronto. Dovrebbe essere imminente l’arrivo dei primi ospiti che si aggiungeranno ai figli naturali della coppia. L’attività in questa struttura sarà quella di vivere come una grande famiglia allargata dove la normalità della vita e la riscoperta degli affetti dovranno essere, assieme alla preghiera, protagonisti.
Quello che emerge da queste giornate è una cosa che avevamo ben compreso anche l’anno passato in Russia. Dopo la caduta dell’Urss lo stato sociale non esiste più. Se dipendesse dal governo russo o ucraino malati, orfani, diversamente abili, portatori di handicap o anziani non in grado di mantenersi economicamente sarebbero abbandonati a loro stessi. Solo le chiese e le varie confessioni spesso ben coordinate tra loro, si occupano del sostegno dei meno fortunati. Ecco perché gli aiuti che vengono portati dalle persone più diverse nel corso del tempo fanno la differenza nella crescita di queste realtà indispensabili.
In ogni occasione di incontro, in tutte le strutture visitate, le parole di ringraziamento e le numerosi benedizioni a noi e per il proseguo del nostro viaggio sono state davvero tante. Speriamo di poter continuare a fare qualcosa per tutte queste persone.
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