Balcani a metano: 4 – Serbia (Belgrado e Pančevo)
12/12/2013 - guido.guerrini
Se incontrate un cittadino serbo che abbia almeno 23 anni, sappiate che è una delle poche persone al mondo che nella propria vita ha cambiato quattro volte passaporto senza dover emigrare. È nato nella Jugoslavia socialista, ancora in fasce è diventato cittadino della mini Jugoslavia (composta dalla sola Serbia e Montenegro), per poi divenire serbomontenegrino dal 2003 al 2006 ed infine solo serbo. Se suo nonno fosse ancora in vita e avesse poco meno di cento anni, i passaporti diventerebbero sei, aggiungendo l’Impero Asburgico o la prima Serbia indipendente (dipende dalla provenienza geografica del nonno) e il Regno di Jugoslavia.
Oggi la Serbia ha quasi dieci milioni di abitanti (sono conteggiati anche i due milioni di Kosovari), la superficie maggiore tra le Repubbliche ex jugoslave, ed è l’unica a comprendere due province autonome dotate di parlamenti e larghe autonomie: la settentrionale Vojvodina (con una importante minoranza ungherese) e la meridionale Kosovo e Metodia (a maggioranza albanese). Questo nella sola teoria, visto che dopo il conflitto con la Nato del 1999 il Kosovo è di fatto indipendente, e gode del riconoscimento di numerose nazioni (tra cui l’Italia), ma non di quello dell’Onu e dell’Unione Europea. Trattative tra serbi e albanesi del Kosovo, ad oggi, non hanno portato ad una soluzione stabile del contenzioso, ed è constante una tensione tra i Serbi che vivono nel nord della regione e gli Albanesi del sud. Simbolo di questa tensione è il ponte che divide in due Kosovska Mitrovica, separando i due popoli lungo le sponde del fiume Ibar.
La storia della Serbia parte dall’epoca romana, quando lungo il Danubio sorsero città-fortezze per proteggere i confini dell’Impero Romano. In uno di questi villaggi nacque, 1700 anni or sono, quel Costantino che da imperatore promulgò l’editto sulle libertà religiose. Con la caduta di Roma le popolazioni slave si fusero con quelle locali, e con il passare dei secoli si convertirono al cristianesimo grazie a santi importanti come Cirillo, Metodio e Sava, mantenendo ottimi legami con l’Impero Bizantino. Molto meno buoni erano i rapporti con l’Impero Ottomano, contro cui si svolsero numerosi scontri, fino a quello decisivo del 1389 a Kosovo Polje (la piana dei Merli), dove nonostante l’uccisione del sultano i Serbi furono sbaragliati e condannati per i secoli successivi alla dominazione turca. Bisognerà aspettare il XIX secolo per vedere rinascere uno Stato serbo, e le successive guerre balcaniche contro gli Ottomani per stabilirne i confini.
Nell’ottica di proteggersi reciprocamente dagli aggressivi vicini, Sloveni, Croati e Serbi diedero vita al Regno di Jugoslavia con capitale Belgrado e sotto la corona dei serbi Karađorđević. Invasa dalla Germania nazista, la Jugoslavia fu una delle poche nazioni, grazie ad una forte azione partigiana, a liberarsi da sola e a ristabilire la propria indipendenza. Nel 1945 nacque la Federazione Socialista, sotto la guida del croato Tito, che attraverso una politica non allineata né con Mosca né con gli Usa ha saputo dare prestigio internazionale al proprio paese.
Le guerre degli anni novanta hanno portato la Serbia e l’alleato Montenegro ad un lungo isolamento internazionale, culminato in quasi dieci anni di embargo. In questo periodo la Serbia ha dovuto ospitare i connazionali profughi, scappati da Bosnia e Croazia, appesantendo ancora di più la propria economia. Il settore primario era costituito prevalentemente da industria pesante: usiamo il verbo al passato poiché i bombardamenti Nato del 1999, tendenti ad indebolire la Serbia, hanno di fatto raso al suolo industria ed economia. Negli ultimi dieci anni la nazione si è lentamente risollevata con la ricostruzione delle infrastrutture stradali e ferroviarie e dei ponti danneggiati dalla guerra, mentre con la collaborazione di molte industrie occidentali sono rinate le fabbriche.
Obiettivo della Serbia è l’integrazione europea, ma non a tutti i costi, visto che i legami economici sono molto sviluppati anche con l’amica Russia. Il turismo è in crescita, soprattutto nella capitale Belgrado, città ricca di iniziative culturali e decisamente molto vivace. Altra città metà di molti turisti è Novi Sad, in Vojvodina. Ancora tutto da scoprire il sud, ricco di monasteri, vestigia romane e montagne adatte ad ogni tipo di attività sportiva. Dopo anni di inflazione a doppia cifra, il dinaro serbo ora ha raggiunto una buona stabilità nei confronti dell’euro. I prezzi, per il tenore di vita occidentale, sono particolarmente economici.
Tra le repubbliche ex jugoslave, alla Croazia va il record per il primo impianto di distribuzione di metano, ma alla Serbia va il primato come numero di distributori aperti (otto). Grazie a ciò, si tratta dell’unico Paese con un posizionamento delle stazioni di rifornimento tale da coprire gran parte del territorio nazionale.
Capitale della Serbia e storica capitale della Jugoslavia, con 1.200.000 abitanti è anche la città più grande dei Balcani occidentali. Sorge alla confluenza tra il Danubio e il suo più grande affluente di destra, la Sava. Il nome in lingua locale, Beograd, significa città bianca. Sull’altura alla confluenza tra i due fiumi, fin dall’epoca romana, si trovava un accampamento militare poi evolutosi in castello. La città vi si sviluppò attorno diventando zona di lotta tra Austriaci e Ottomani, che ne presero e ne persero il controllo più volte. Con la nascita di una Serbia indipendente a fine Ottocento divenne capitale. Durante le guerra mondiali subì dapprima l’invasione austriaca e poi quella tedesca, ed in particolare venne pesantemente bombardata nel 1941. In entrambe le occasioni, con enormi sacrifici umani, il nemico fu respinto. Dopo anni di pace e di sviluppo urbano, con la nascita di interi nuovi avveniristici quartieri, come Novi Beograd, la città venne di nuovo bombardata durante il conflitto tra Nato e Jugoslavia per il controllo del Kosovo. A distanza di quasi quindici anni, molti dei danni sono ancora visibili. Nel XXI secolo la città ha un lento risveglio e la vivacità nascosta nei rifugi antiaerei può finalmente riemergere. L’attività culturale, in tutte le sue forme, rende Belgrado una capitale davvero interessante. Musei, monumenti, caffè e ristoranti con musica tzigana, numerosi locali con musica dal vivo e la presenza costante di giovani ha trasformato la città in una meta turistica anche per molti degli ex “nemici” delle repubbliche ex jugoslave.
Tra le attrazioni principali della città non si possono perdere il castello del Kalemegdan (all’interno un bel museo militare) e il suo parco, che dominano la confluenza dei due grandi fiumi, la strada pedonale Knez Mihailova con i suoi negozi, il quartiere antico di Skadarlija con i suoi ristoranti tipici. Per chi ama le lunghe notti ci sono locali aperti fino all’alba nel lungo Sava e nelle barche ancorate sul fiume, dove ascoltare il famoso turbofolk gustandosi bicchierini di rakija. Non dimentichiamoci della birra, che qui si beve a qualunque ora, in particolare la gettonatissima Jelen, oppure, sempre tra le serbe, la Lav o la Zaječarsko. Nei bar della città godono di popolarità anche la montenegrina Niksičko e numerosi vini serbi, macedoni o montenegrini. Uscendo dal centro cittadino e salendo alla collina di Dedinje si può visitare l’interessante museo “25 maggio”, di fatto il museo della storia jugoslava. All’interno di esso si trova la “Casa dei Fiori”, il mausoleo di Tito. Per chi è in cerca di tranquillità e passeggiate ci sono i parchi di Topcider e, fuori città, quello di Avala, con l’avveniristica torre della televisione ricostruita dopo il bombardamento del ’99.
Avere amici a Belgrado fa una grande differenza rispetto ad una semplice visita turistica. Stare in casa con i belgradesi permette di vivere più da vicino angoli della città altrimenti sconosciuti, e lo stesso vale per la possibilità di visitare ristoranti e locali notturni a buon mercato perché meno turistici, ma spesso più interessanti.
(vedi elenco distributori)
Due sono le stazioni di rifornimento di metano presenti, ed entrambe, della compagnia Cryogas, sono in posizione comoda. Se non si intende attraversare la città, ma superarla usando la tangenziale che oltrepassa Belgrado dal lato meridionale, ancora in parte in costruzione, si troverà il metano in direzione sud pochi metri dopo l’uscita per il cimitero di Orlovača, prima di incrociare il bivio per la Ibarska Magistrala che conduce a Čačak. Se si proviene da sud si dovrà invece uscire dopo il bivio per la Ibarska Magistrala. La stazione di servizio (coordinate GPS 44.700424, 20.413305), raggiungibile da entrambe le corsie della tangenziale, è aperta tutti i giorni 24 ore su 24. È possibile pagare sia in contanti che con carta di credito.
Se invece si intende entrare in città seguendo l’autostrada, la stazione di rifornimento è a Novi Beograd, nella parte ovest di Belgrado. Da entrambe le direzioni si dovrà uscire all’uscita 6, chiamata “Genex”, e proseguire verso sud in Omladinskih Brigada fino al centro commerciale Roda Center. A questo punto girare a destra ed a fine strada si troverà il distributore (coordinate GPS 44.811755, 20.395178), aperto 24 ore su 24 tutti i giorni, con possibilità di pagamento sia in contanti che con carta di credito.
Dai distributori belgradesi si possono raggiungere con facilità i punti di rifornimento della Vojvodina (Pančevo), a pochi chilometri; se si è diretti verso sud per andare in Grecia, Bulgaria o Macedonia ci si può fermare a Niš (230 km), mentre verso nord ci si può avvicinare al rifornimento di Zagabria (circa 400km).
La città Meno si trova sulla sponda orientale del Danubio. Con meno di centomila abitanti, è considerata il sobborgo di Belgrado al di là del lungo ponte che attraversa il fiume; se i due centri storici distano 20 km, di fatto le due città sono realmente contigue.
La città nacque come fortezza all’inizio del Settecento, proprio sulla confluenza tra il Timis e il Danubio. Tuttora esiste una parte storica, ma la notorietà di Pančevo è dovuta al fatto che in passato è stata la più grande zona industriale della Jugoslavia e che oggi lo è della Serbia. Raffinerie, depositi di petrolio, fabbriche chimiche, produzione di aerei, calzature, plastica, fertilizzanti, lampadine, centrali elettriche, tutto questo non poteva non entrare nel mirino delle bombe Nato. In particolar modo gli incendi delle raffinerie e dei depositi di carburante di Pančevo hanno illuminato le notti di Belgrado per tutta la primavera 1999, regalando nei periodi successivi piogge acide, inquinamento delle falde acquifere e un sensibile aumento dei tumori. Oggi gran parte della zona industriale è stata lentamente ricostruita, ed in parte privatizzata, con la conseguenza della perdita di molti posti di lavoro.
(vedi elenco distributori)
Ben due stazioni di metano sorgono nella periferia di questa poco ridente città. A nord di Pančevo, all’inizio della statale 124 parallela al fiume Timis, pochi metri dopo l’incrocio con la statale 24, c’è il primo erogatore di metano della Serbia (compagnia Ledi, coordinate GPS 44.91934, 20.633273). È aperto tutti i giorni 24 ore su 24, con possibilità di pagamento sia in contanti che con carta di credito.
In direzione sud-est c’è invece il distributore della compagnia Bedem Prevoz (coordinate GPS 44.869167, 20.706667), a circa tre chilometri dal centro, lungo Bavaništanski put, che è sempre la statale 24, che da Pančevo va in direzione di Kovin e Smederevo. Anche questo distributore è aperto tutti i giorni 24 ore su 24, ma il pagamento è possibile soltanto in contanti.
Nessuna delle due stazioni ha una posizione strategica per lunghi viaggi a metano. Rifornendosi qui invece che a Belgrado, si guadagnano 20-25 km di autonomia su eventuali viaggi verso l’Ungheria o la Romania.