Bioetanolo coltivato nel deserto
19/06/2008 - e2net
”Coltivare nel deserto? Potrebbe essere una buona soluzione per ottenere bioetanolo di seconda generazione”. Ad affermarlo e’ il professor Riccardo Valentini, direttore del Dipartimento di scienze dell’Ambiente Forestale e delle sue Risorse dell’Universita’ della Tuscia, intervenuto al convegno ”Strategie per un pianeta sostenibile” in programma a Roma per ricordare il centenario della nascita del fondatore del Club di Roma Aurelio Peccei.
Valentini e’ coordinatore di un progetto realizzato da Universita’ della Tuscia e Universita’ di Tel Aviv, finanziato dal ministero dell’Ambiente, che ha permesso sino ad ora la crescita di 5 ettari di conifere nel deserto del Negev, a 40 km dalla citta’ di Eilat.
”Ci siamo riusciti – afferma Valentini – utilizzando la risorsa primaria, costituita dal sole, e le acque reflue, altrimenti inutilizzabili, provenienti dalla citta’ di Eilat. Il nostro obiettivo e’ quello di creare bioetanolo di seconda generazione da quelle biomasse, evitando cosi’ di dover utilizzare terreni dedicati all’agricoltura tradizionale”. Il progetto, nella sua seconda fase appena partita, prevede ora proprio la trasformazione delle biomasse create nel deserto in bioetanolo di seconda generazione. Valentini, tra l’altro, ha affrontato nella sua relazione il problema della diminuita efficienza di assorbire CO2 da parte degli ecosistemi. ”Con il 30% di CO2 assorbito dalle Terre e il 25% dagli oceani, possiamo dire che abbiamo un cambiamento climatico con lo ”sconto” del 55% – conclude Valentini – Non sappiamo pero’ fino a quando questa capacita’ restera’ tale: abbiamo dati che ci dicono che stanno aumentando le emissioni di gas metano dal permafrost, e che dagli anni Settanta al 2000 sono rimaste in atmosfera 50 tonnellate di CO2 in piu’. E’ certamente un dato su cui riflettere”.
Fonte: www.ansa.it