EnerSolar+ 2011: batterie innovative per immagazzinare l’energia delle rinnovabili
19/11/2011 - Nicola Ventura
L’industria dell’Energy Storage, l’immagazzinamento dell’energia elettrica, è destinata a svolgere un ruolo sempre più importante. La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è infatti in costante crescita
, ma questa energia “pulita” è disponibile in forma discontinua e intermittente. Di qui la necessità di accumulare energia in batterie innovative ed efficienti, che permettano i consumi necessari in ogni momento. È quanto è emerso in occasione dell’Energy Storage Conference, che si è svolta nell’ambito di EnerSolar+ 2011, l’evento delle energie rinnovabili in programma fino a sabato 19 novembre a fieramilano, Rho.
“Queste batterie hanno importanti utilizzi a livello sia domestico sia industriale. Rappresentano la chiave di volta del sistema energetico del futuro e si stima che entro il 2020, nel mondo, la capacità complessiva dei sistemi di Energy Storage sarà di oltre 350 GW – ha dichiarato Federico Santi, docente di Ingegneria Energetica all’Università di Roma La Sapienza – In particolare, la diffusione delle rinnovabili è indissolubilmente legata allo sviluppo dell’Energy Storage, così come anche la mobilità elettrica”.
A EnerSolar+ 2011 si è discusso anche delle prospettive future del fotovoltaico. “In Italia a oggi sono stati installati più di 11 GWp di fotovoltaico – ha spiegato Michele Appendino, presidente di Solar Ventures – Quando è partito il secondo Conto Energia, la stima al 2011 era, forse, di 2-3 GWp. Il risultato raggiunto è, quindi, positivo. I continui cambiamenti normativi a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, rendono lo scenario e i volumi futuri difficilmente prevedibili, ma ritengo che l’appetito verso l’energia fotovoltaica sia ancora forte a livello globale, soprattutto grazie al progressivo calo dei costi di sistema. In Italia, il quarto Conto Energia ha limitato le possibilità di sviluppo di grandi impianti a terra, ma il settore si manterrà su buoni volumi, soprattutto nell’area retail, quella dei piccoli impianti su tetto, poco toccata dalle severe restrizioni imposte dall’ultimo decreto con l’introduzione del registro dei grandi impianti. In ottica di lungo termine, e dunque successivamente al periodo transitorio, sarà sempre possibile sviluppare impianti da 1MWp, anche su suolo agricolo, però in maniera più selettiva e nel rispetto delle condizioni dettate dal decreto Romani. Le opportunità su grandi coperture commerciali invece, saranno attraenti per gli operatori e il mercato ci consente di cogliere diverse opportunità sia sugli edifici esistenti sia su quelli di nuova costruzione. In generale, comunque, tutte le nuove possibilità che questo mercato offre, dovranno fare i conti con una rete elettrica spesso a piena capacità, il cui potenziamento dovrà essere uno dei prossimi temi da mettere in agenda nei tavoli di lavoro sull’energia del Governo, per favorire lo sviluppo ordinato e progressivo delle rinnovabili in Italia – ha proseguito Appenedino – Il fotovoltaico ha contribuito ad almeno la metà della (bassa) crescita del Pil nazionale del 2010 e, in misura significativa, agli investimenti esteri, tra l’altro in gran parte in zone d’Italia dove tedeschi ed europei non avevano mai investito. Questa fonte di energia rimane un’opportunità importante per l’Italia e il nostro Paese rimarrà uno dei primi mercati del mondo, in un settore che crescerà sempre più.
A EnerSolar+ 2011 si è svolto anche il convegno “Integrazione del fotovoltaico nell’involucro edilizio: fra linguaggio e costruzione”, a cui è intervenuto, tra gli altri, Pierluigi Bonomo, della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi dell’Aquila,. “Con l’acronimo BiPV (Building integrated Photovoltaics) ci si riferisce a un principio o, più in generale, a un criterio progettuale secondo cui il sistema fotovoltaico integrato, non più pensato come modulo collage concepted applicato o sovrapposto sull’edificio, diviene elemento tecnologico dell’apparecchiatura costruttiva e, allo stesso tempo, strumento progettuale di solar design per l’espressione del linguaggio architettonico dell’organismo edilizio – ha spiegato Bonomo – Il tema dell’integrazione, ovvero l’analisi del rapporto fra sistema fotovoltaico, organismo edilizio e contesto, chiama in causa il coordinamento unitario di una serie di relazioni che vanno al di là degli aspetti di natura energetica o, ad ogni modo, di carattere mono-disciplinare. La progettazione fotovoltaica va dunque riconosciuta come il luogo di confronto e mediazione tra diversi livelli di complessità, che vanno dalla scala edilizia e contestuale a quella del dettaglio costruttivo o figurale. Ne nasce l’esigenza di compromesso, all’interno del progetto, fra parametri scientifici (rendimenti, potenze) e aspetti interpretativi (valori spaziali, visivi, culturali). La ricerca presentata oggi, riferita all’impiego del fotovoltaico nel progetto dell’involucro edilizio sostenibile, partendo dalla definizione di alcune classi d’integrabilità di riferimento per il concetto di BiPV, passa all’approfondimento dei principali aspetti dell’integrazione linguistico-figurativa e tecnologico-costruttiva, illustrando alcune tendenze riscontrate nel rapporto fra strategie di espressività e caratteri tecnologici del progetto di integrazione fotovoltaica. Con uno sguardo agli scenari emergenti di innovazione tecnologica è infine presentato un metodo, sviluppato nel corso della ricerca, per la valutazione multicriteriale a punteggio di applicazioni edilizie di BiPV”.
In occasione di Greenergy Expo, uno degli eventi di EnerSolar+, si è discusso anche della sostenibilità ambientale del piccolo idroelettrico che registra interessanti previsioni di sviluppo. Secondo Esha (European Small Hydropower Association), infatti, entro il 2020 in Europa gli impianti idroelettrici di piccole dimensioni (Shp) arriveranno a produrre 54,7 TWh. Già oggi queste installazioni nel Vecchio Continente producono oltre 46 TWh l’anno e consentono di fornire elettricità a 13 milioni di famiglie, con un risparmio annuale di emissioni pari a 29 milioni di tonnellate di CO2.
“Il nostro ultimo Rapporto ha evidenziato che nel 2010 il fabbisogno di energia elettrica (circa 326 TWh), è stato soddisfatto tramite energia da fonte rinnovabile per circa 75 TWh, dei quali oltre 40 TWh provenienti dal cosiddetto idroelettrico storico”, ha evidenziato Iulca Collevecchio di Aper (Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili).
Durante la sessione congressuale dal titolo “Biotecnologie ambientali per la riduzione dell’azoto dai digestati da biomasse a scarti agrozootecnici”, inoltre, è intervenuta Francesca Malpei del Dipartimento Diiar-Sezione Ambientale del Politecnico di Milano, che ha presentato i risultati ottenuti con il progetto biennale finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali sulla rimozione dell’azoto da digestati agrozootecnici mediante processi biologici di tipo innovativo. “L’attuazione del progetto, per il primo anno, è in linea con quanto previsto e i risultati finora conseguiti molto promettenti – ha spiegato Francesca Malpei – In laboratorio, la rimozione completamente autotrofa su digestati di reflui agrozootecnici è stata ottenuta con rese tra l’80 e il 90 % e nei primi mesi del 2012 si avvierà un progetto pilota presso un’azienda agricola Ci attendiamo una riduzione dei costi e un miglioramento del bilancio energetico molto significativo. Alla conclusione del progetto forniremo una valutazione tecnico-economica di questo trattamento innovativo un’analisi di sostenibilità energetica ed ambientale con Lca (Life Cycle Assessment)”.